mercoledì 30 giugno 2010

Condannato per Mafia (lieve)!


All'indomani dell'attesissima sentenza Dell'Utri, com'era prevedibile, i commenti di addetti ai lavori e non letteralmente si sprecano. Ma in tanto confuso vociare è impresa piuttosto improba orientarsi e far luce sulla questione. Piuttosto che prestar fede ad opinioni spesso interessate, dunque, in casi come questi è tanto necessario quanto doveroso affidarsi ai fatti. E i fatti sono che la Corte d'Appello di Palermo ha stabilito che le frequentazioni dell'imputato con ambienti vicini a Cosa Nostra contestategli nei precedenti gradi di giudizio sono assolutamente verificate ed incontrovertibili, o quantomeno lo sono fino all'anno del Signore 1992 (poco prima della nascita di Forza Italia), poiché non esistono elementi, a dispetto di un impianto accusatorio "ben piantato", secondo l'accusa, per ritenere che di lì in avanti tali "cattive amicizie" abbiano avuto modo di proliferare e rinsaldarsi. Tuttavia, la condanna a 7 anni di reclusione per "concorso esterno in associazione mafiosa" resta e rischia per di più di sfuggire alla prescrizione, che scatterebbe intorno al 2014, lasciando tutto il tempo al collegio giudicante di arrivare fino in fondo. Eppure, secondo i media di Stato, l'onorevole Dell'Utri vien fuori dalla vicenda più bianco di un batuffolo di neve perché trattasi, delibera ad esempio il TG1, di un processo basato su "dichiarazioni di pentiti senza riscontri" e su "una costruzione accusatoria spazzata via dalla sentenza di oggi". A questo punto, però, c'è da chiedersi se sette primavere dietro le sbarre siano la giusta punizione per un innocente. O meglio, per un "lievemente colpevole".

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