martedì 8 aprile 2008

Una "raffinata" barbarie


"Corrida" sì, "corrida" no? Ci ho riflettuto molto, in questi mesi. Alla fine ho deciso che trascorrere un anno in Andalusia senza assistervi almeno una volta sarebbe stato come perdermi qualcosa, qualcosa di davvero importante, oltretutto, e ho concluso che mai avrei potuto farmene un'opinione precisa se non vi avessi preso parte dal vivo. Ieri, quindi, intorno alle 18, sono entrato per la prima volta in vita mia in un'arena. L'impatto è stato sconvolgente: un'atmosfera indescrivibile, un'emozione mai provata prima. Tutti ansiosi di cominciare, di dare inizio allo spettacolo, pregando la pioggia di essere clemente, di non rovinare tutto. Dopo una quindicina di minuti hanno fatto il loro ingresso i protagonisti della messinscena: i "toreros", nei loro sfarzosi e luccicanti costumi, i "picadores", fantini in groppa a splendidi destrieri bendati, i "banderilleros", e di lì a poco il toro, uno scalpitante, splendido esemplare nero corvino, ancora ignaro dell'amara sorte che lo attendeva. Sugli spalti schiamazzi, brusii, grida d'incitamento; la corrida può avere inizio. Dopo le prime fasi di studio in cui non sembra accadere nulla di notevole, le trombe annunciano l'arrivo dei "picadores", cui spetta l'incombenza di ferire il toro con delle lance aguzze, i quali, svolto il loro compito, ritornano nuovamente ai propri posti. E' il turno dei "banderilleros", incaricati di colpire la bestia con le "banderillas", una sorta di "birilli appuntiti" che s'infilzano nella carne della vittima procurandogli profonde ferite che lo sfiancheranno lentamente. Dopodiché tocca a lui, al "torero" in persona, restare solo nell'arena con l'imponente animale. E' un momento di una commozione e di un pathos indicibili, carico di significati ancestrali; è una danza, una danza per la vita, di cui i due sembrano conoscere i passi a menadito. E' la lotta dell'astuzia contro la forza bruta, del bene contro il male, è il trionfo dell'uomo, l'ostentazione della sua tracotanza, della sua prepotenza, del suo desiderio di dominio sulla natura, un desiderio che è presente in ciascuno noi e che ben si percepisce nell'aria, che pregna di sé gli "olè" di un pubblico estasiato che grida: "mátalo, mátalo, mátalo ya!". Il cuore mi batte a mille e ho quasi vergona di ammettere a me stesso che mi sto godendo lo spettacolo. La prima vita, dunque, si è spezzata, ne restano ancora cinque. Per fortuna, dopo un po', interviene la ragione a farmi rinsavire. Oggi non esito a dire che si è forse trattato della cosa peggiore cui abbia mai avuto modo di partecipare, una rappresentazione di una crudeltà ineffabile ed ingiustificata, un'ulteriore dimostrazione della follia umana, una mattanza, una sporca mattanza senza senso.

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